Trading for beginners: the books that will help you take your first steps.

If you are passionate about trading, economics and finance and want to become a successful trader or investor, there are many texts that can help you learn more about these topics.

In this post, we present some interesting and useful books that could help you learn more and take the big leap into the world of finance.

To get started, we recommend that you read a few books on topics such as analysing listed companies, risk control and the importance of financial discipline.

 Here are some texts you should be familiar with:

               “The Intelligent Investor by Benjamin Graham: This is a classic of financial literature. Graham provides tips and strategies on how to become an intelligent investor. The book covers topics such as how to diversify your portfolio, how to control risk and the importance of financial discipline.

“Security Analysis by Benjamin Graham and David L. Dodd: another financial classic that provides a detailed guide to analysing listed companies. Anyone who wants to learn how to value companies and identify those with the best risk/reward ratio will find this book particularly useful.

“A Random Walk Down Wall Street by Burton G. Malkiel: a book that provides an overview of the financial world and the different ways to invest. Malkiel argues that financial markets are often unpredictable. As a result, the best way to invest is to diversify your portfolio and take a long-term approach.

“The Black Swan by Nassim Nicholas Taleb: A book that explores the concept of a ‘black swan’, or unpredictable, high-impact events that can have a major impact on financial markets. Taleb’s argument is that these events are impossible to predict and that it is therefore important to be prepared for them.

“Freakonomics by Steven D. Levitt and Stephen J. Dubner: A book that explores how economies and societies work through a series of studies. The authors’ unconventional approach to the analysis of economic phenomena is a source of interesting and original insights.

In addition to these books, there are also a wide range of online courses and webinars that can help you to learn more about trading, business and finance. For example, our websites:

  or

http://www.pecuniaedintorni.it/

Otherwise if you prefer videos there are our YouTube channels :

FINBEAR – YouTube

Or

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AD MAIORA

“Solidità del Trend”: scopri come trarne profitto!”

Oggi parleremo della nostra strategia : “Solidità del Trend” e faremo un esempio concreto con il titolo Neovasc (NVCN).

Neovasc (NVCN), un titolo che sembra essere ben posizionata per un trend positivo. Molti di noi conoscono il detto , “il trend è tuo amico” , concetto fondamentale quando si tratta di investire o fare trading a breve termine.

Solidità del Trend



Tuttavia, entrare in un trend positivo e trarne profitto non è sempre facile. Spesso, il trend può invertirsi prima che si possa chiudere un’operazione, causando perdite di capitale per gli investitori a breve termine.

 Per questo motivo, è importante confermare fattori come solidi fondamentali, revisioni positive delle stime degli utili e altri fattori che possono sostenere il trend.

Gli investitori che cercano di trarre profitto da titoli attualmente in trend potrebbero trovare molto utile la nostra metodologia denominata “Solidità del Trend“.

Questa metodologia ci aiuta a identificare i titoli che stanno attraversando un trend al rialzo sostenuto da una forte base di fondamentali e da altri fattori che di solito sono indicatori di rialzo.

Neovasc (NVCN) è uno dei titoli che sembra adeguato a questo scopo. Abbiamo osservato una spinta al rialzo nel corso degli ultimi tre mesi, confermata nel mese in corso.

Il grafico Point & Figures mostra il breakout.

Analizzando i fondamentali, il titolo attualmente ha un Pythia Rank di 2 (BUY), il che significa che si trova nella parte superiore del 20% su oltre 4.500 titoli classificati in base ai fattori chiave che influenzano i movimenti del prezzo a breve termine di un titolo.

Un altro fattore che conferma la forte base di fondamentali dell’azienda è la raccomandazione media dei broker, attualmente Strong Buy, il che indica che la comunità dei broker è molto ottimista sulla performance dei prezzi del titolo a breve termine.

Oltre a NVCN, ci sono diversi altri titoli che attualmente sono idonei alla nostra metodologia “Solidità del Trend“. Potreste voler prendere in considerazione la possibilità di valutare questi titoli a scopi didattici.

Infine, dato il forte rialzo del prezzo, potrebbe essere prudente attendere un ritracciamento prima di operare, e i trader più esperti potrebbero voler considerare l’opportunità di speculare al ribasso proprio in vista di questo.

Tenete presente che questa non è l’unica metodologia che utilizziamo e insegniamo per battere il mercato. Continuate a seguirci per ulteriori novità e opportunità di investimento.

COVID -19, AUMENTO DELLE MATERIE PRIME E GREAT RESET: I DATI LI CONOSCETE TUTTI, QUELLO CHE VI MANCA E’ UNA STORIA ….

La risposta coordinata a livello mondiale alla crisi pandemica da COVID -19 ha causato una serie di effetti che ancora oggi permangono….

In Oriente alla fine del 2019, e qui da noi all’inizio del 2020, è dilagato un virus le cui origini sono rimaste oscure …. Alcuni parlarono di incroci tra pipistrelli e pangolini, altri fanno riferimento agli esperimenti di Gain of function eseguiti presso il laboratorio di Wuhan, città epicentro della crisi.

Coronavirus, foto dalla città fantasma di Wuhan - Wired | Wired Italia
Wuhan

All’inizio dell’epidemia, da parte dei nostri politici e dei loro aedi del mainstream, si è cercato di minimizzare il rischio, invitando a mangiare involtini primavera e additando come fosse il razzismo l’unico virus da temere.

Poi di colpo la narrativa è cambiata: accorati e terrorizzanti interventi da parte di politici, giornalisti e influencers, conditi da immagini raccapriccianti di file di camion che trasportano bare, hanno terrorizzato l’opinione pubblica. Contemporaneamente il mainstream si affrettava ad informare che ne saremmo usciti solo con i vaccini e che NULLA SAREBBE STATO PIU’ COME PRIMA. Perché tutto questo allarme? E perché tutta la confusione sui morti da Covid o per COVID? E perché non poteva tornare tutto come prima?

Le bare sui camion militari, Bergamo sotto choc

L’Italia e il mondo civile avevano mai affrontato influenze prima d’ora? Certo che si! Un esempio per tutti, l’asiatica che però fu affrontata con ben altro spirito; oppure la ben più letale Spagnola. Eppure questa volta la risposta è stata diversa.

In Italia il governo Conte ha paralizzato il Paese ed ha sospeso i diritti costituzionali fondamentali a colpi di DCPM.

DPCM 3 dicembre 2020: nuove limitazioni agli spostamenti | Confcommercio  Trentino

Mentre accadeva tutto questo, e in aggiunta a questo, si preparavano le basi per fare entrare il “MES con il nome cambiato” e distruggere e depredare quello che restava della nostra economia.

Ovviamente questo compito non poteva essere lasciato ad un oscuro personaggio, sconosciuto agli italiani, divenuto misteriosamente capo del governo, occorreva una voce più altisonante e per questo fu dato l’incarico a Mario Draghi, l’uomo della grande finanza.

L'intervento di Mario Draghi sul “Financial Times”, in cinque punti –  Ultim'ora

Questi, innanzitutto, iniziò ammonendo sull’importanza della vaccinazione di massa, pena la morte dei no-vax e di tutti i malcapitati che l’avessero incontrati.

E per togliere qualunque dubbio sull’efficacia del siero magico, si è subito precipitato a togliere più diritti possibili a chiunque si fosse rifiutato di assoggettarsi “spontaneamente” ad esso.

Ovviamente il rimedio era talmente efficace e sicuro che i nostri governanti si sono affrettati a fornire uno “scudo penale” ai medici vaccinatori!

Ma a livello economico che cosa è successo? Un primo effetto è stato immediato: migliaia di piccole e medie aziende non hanno retto e sono state costrette alla chiusura. Chissà cosa avrà pensato il primo ministro Draghi di questo? Ricordo a tutti il suo auspicio per una distruzione creativa dell’economia con le piccole imprese che dovranno cedere il mercato alle multinazionali.

Forse per questo sono stati colpiti così pesantemente i bar e la ristorazione? Per far spazio alle multinazionali?

Ma questo è solo uno degli effetti, vediamo cos’altro hanno causato.

In primis, il forte aumento di tutte le materie prime.

Vediamolo in dettaglio…

I prezzi delle materie prime dipendono dalla domanda, dall’offerta e dalle scorte disponibili.

Le azioni intraprese dai governi hanno innescato queste dinamiche.

Le principali società produttive e commerciali di materie prime, viste le azioni governative, hanno rallentato la produzione, generando di fatto una diminuzione dell’offerta.

Dall’altra parte, alla riapertura post lock-down, la ripresa simultanea di molte economie mondiali ha portato ad un brusco aumento della domanda.

A tutto ciò dobbiamo aggiungere anche l’aumento dei costi per i trasporti.

Le imprese attualmente hanno due principali difficoltà: non riescono a mantenere i livelli di produzione per la scarsità di semilavorati e per i ritardi nelle consegne e vedono i margini a rischio a causa dell’aumento dei costi di noli, materie prime ed energia.

In questo contesto un ruolo chiave è svolto dalla Cina, fabbrica del mondo e fonte cruciale di domanda e offerta di materie prime. Questa ha colto al volo l’occasione per ridurre la produzione di metalli chiave come acciaio e alluminio, affiancando un incremento della domanda di cereali.

Nel contempo, si è innescato un secondo cortocircuito, quello logistico. I lockdown hanno generato interruzioni nei trasporti e ritardi nelle consegne, esacerbando ulteriormente la situazione. Ancora oggi abbiamo il porto di Shanghai bloccato da una misteriosa recrudescenza del virus …

E non possiamo fare a meno di citare, in questo contesto, lo strano caso della Ever Given, la nave che bloccò il Canale di Suez, di cui tratteremo approfonditamente in un articolo ad hoc.

Incidente di Suez: cosa accade ora nel trasporto?
Ever Given

Effetto di tutto ciò è lo stesso recupero dell’Europa a essere a rischio.

La presidente della Bce, Christine Lagarde, in una riunione di politica monetaria della banca centrale, ha sottolineato che la pandemia “continua a gettare un’ombra” sulla ripresa. Ha anche osservato che le strozzature nelle supply chain stanno frenando la produzione e che c’è “molta strada da fare prima che i danni all’economia causati dalla pandemia siano compensati“. Correggerei la Lagarde visto che i danni all’economia non li ha causati il virus, ma le politiche intraprese!

La stretta di Lagarde: “Su i tassi già nel 2022”. E i mercati scendono - la  Repubblica

E poi immancabile come in ogni disgrazia ci si mette l’Unione Europea … vediamo come…

COS’È IL SISTEMA PER LE QUOTE DI CO2 (ETS)

L’ETS, in breve, istituisce un mercato europeo per la compravendita di “quote di emissione” di CO2: ne vengono assegnate alle aziende, ogni anno, in una certa quantità che si riduce via via nel tempo. Le aziende più inquinanti dovranno quindi acquistare altri permessi se vorranno continuare a emettere CO2 senza incorrere in sanzioni; le aziende più “pulite”, al contrario, hanno la possibilità di vendere le proprie quote inutilizzate.

Il sistema EU ETS, ovvero: le vie dell'inferno sono lastricate di buone  intenzioni

L’intero sistema serve a rendere sconveniente l’utilizzo di energia prodotta da fonti fossili (carbone, petrolio, gas naturale) e incentivare il passaggio a forme di energia più pulite (come quelle rinnovabili).

Il prezzo della CO2 impatta prima di tutto sui soggetti obbligati, ovvero i produttori di energia elettrica da fonti fossili, le industrie pesanti e il settore aviazione. Questo, di fatto, ha diversi risvolti a valle della catena del valore.

Quali sono le conseguenze del prezzo della CO2 sul settore elettrico?

Per quanto riguarda il settore elettrico, il costo delle emissioni a carico del produttore va ad aggiungersi ai costi variabili della produzione, determinando una diminuzione del margine dell’attività a parità di prezzo di vendita dell’energia prodotta. Pertanto gli impianti maggiormente colpiti dall’aumento del prezzo della CO2 (ovvero le centrali a carbone o lignite, che a parità di output elettrico emettono maggiori quantità di CO2) perdono progressivamente competitività, venendo fortemente penalizzati in favore degli impianti meno emissivi (come le centrali a gas naturale) e delle rinnovabili.

Per poter mantenere un margine sufficiente per l’attività di produzione, i produttori soggetti all’ETS devono vendere la propria energia a un costo superiore e questo si riversa sul prezzo di mercato dell’energia elettrica. Infatti, nonostante la quota di rinnovabili nel mix energetico di tutti i Paesi europei sia in aumento, la produzione elettrica da fonti fossili è ancora piuttosto importante (in Italia, per esempio, circa il 40% dell’energia elettrica è prodotta da gas naturale). L’aumento del prezzo dell’energia elettrica sul mercato all’ingrosso, inoltre, si propaga a valle, nella catena del valore, impattando tutti i consumatori finali, sia domestici che industriali.

Nel 2020, in concomitanza con la revisione quinquennale degli obiettivi climatici stabiliti nell’ambito dell’Accordo di Parigi, l’Unione Europea ha presentato il cosiddetto “Green Deal” europeo, ovvero la strategia che si intende implementare per promuovere l’utilizzo razionale delle risorse, lo sviluppo di un’economia più sostenibile e la diminuzione delle emissioni di gas serra.

Tutto questo potrà portare ad un ulteriore aumento del costo della CO2

Non finisce qui, a tutto questo, sempre l’Unione Europea cogliendo l’opportunità della nuova crisi innescata dal conflitto Russo Ucraino (perché perdere l’opportunità offerta da una crisi?) ha stabilito una serie di sanzioni …. Contro i propri Paesi! Sanzioni che, visto il danno che possono apportare alla nostra economia, sono state subito entusiasticamente approvate dal nostro governo dei migliori … E a questo punto si aggancerebbe il piano del Great Reset….Stay tuned…..

Materie prime ed economia globale

L’offerta globale di materie prime alimentari ed energetiche chiave sta iniziando ad avere un impatto sull’economia globale, e a questo vanno aggiunti anche l’aumento dell’inflazione core e la politica aggressiva delle Banche centrali, che potrebbero avere un ulteriore impatto sulla crescita economica.

L’indice globale dei prezzi di tutte le materie prime è più che raddoppiato dal suo minimo pandemico nel secondo trimestre del 2020.

iNDICE PREZZO GLOBALE DELLE MATERIE PRIME

Le imprese e i consumatori stanno già sentendo l’impatto del rally dei prezzi delle materie prime, e questo va dal petrolio greggio ai cereali fino ai metalli. I mercati delle materie prime stanno complicando le prospettive di crescita economica comportando un aumento dei prezzi di prodotti alimentari e dell’energia per i consumatori a livello globale.  L’impennata delle materie prime, tra cui petrolio greggio, gas naturale, grano, soia e metalli industriali e preziosi, ha già colpito i prezzi al consumo, con l’inflazione che ha raggiunto i massimi da 40 anni. Tutto ciò ha spinto la FED a iniziare ad aumentare i tassi di interesse per domare l’inflazione, prevedendo ulteriori rialzi nei prossimi mesi.

La Federal Reserve è il massimo investitore mondiale- The Cryptonomist
Federal Reserve

Teniamo presente che, a livello globale, l’offerta di materie prime di ogni tipo è inferiore alla domanda, con le scorte di energia, agricoltura e metalli criticamente basse ovunque. L’effetto di questo sarà che i prezzi rimarranno elevati fino alla fine del prossimo anno. 

L’offerta di materie prime potrebbe scendere ancora di più se la guerra Russo Ucraina interrompesse materialmente le esportazioni di prodotti energetici dalla Russia e/o le esportazioni di grano e mais dall’Ucraina, che ricordiamo è uno dei principali esportatori mondiali di mais, grano e oli vegetali. La riduzione delle esportazioni di materie prime agricole ucraine potrebbe aumentare l’insicurezza alimentare in molti paesi dell’Asia meridionale, dell’Asia occidentale e dell’Africa, portando ad un possibile aumento dei flussi migratori.

Secondo i dati ONU, negli ultimi tre anni la Russia e l’Ucraina insieme hanno rappresentato rispettivamente circa il 30% e il 20% delle esportazioni globali di grano e mais. La FAO da parte sua ha puntualizzato l’effetto sui prezzi alimentari che hanno registrato una media di 159,3 punti a marzo, in crescita del 12,6% rispetto a febbraio.

Anche per il prossimo anno abbiamo ulteriori aspettative di riduzione dell’offerta, causate dalle interruzioni delle forniture dall’Ucraina nonché dall’aumento del costo del carburante e dei fertilizzanti.

Mercati futures oil & gas e gli speculatori

La guerra in Ucraina e le sanzioni sempre più dure contro la Russia hanno interrotto molteplici canali di approvvigionamento del petrolio greggio e del gas.

Le turbolenze del mercato delle materie prime e la sua estrema volatilità hanno comportato un aumento significativo dei margini iniziali portando a un esodo di speculatori dai futures del petrolio. La minore liquidità nel mercato petrolifero ha esacerbato la volatilità al punto che alcuni trader hanno affermato a marzo che “il mercato non è tradabile“.

Gli elevati requisiti di margine hanno aumentato le esigenze di liquidità delle società di trading di materie prime, che commerciano barili fisici in tutto il mondo. Attraverso contratti futures su materie prime, le trading houses si proteggono dai rischi. Senza i derivati sulle materie prime, molti trader non sarebbero in grado di spostare volumi fisici di petrolio.   

Abbiamo bisogno di un mercato dei futures sulle materie prime pienamente funzionante e ciò che abbiamo osservato è una diminuzione dell’open interest. Secondo quanto dichiarato dal CFO di Trafigura, al FT Commodities Global Summit il mese scorso, supponendo che la situazione non si normalizzi, ci saranno conseguenze negative sul mercato dei futures divenuto inefficiente nel mercato fisico.

Anche se la pace verrà raggiunta in Ucraina, è probabile che i mercati continueranno a scontare i rischi politici per materie prime come petrolio, grano, mais, nichel e palladio, con i prezzi del petrolio che potrebbero rimarranno elevati per anni.

Implicazioni economiche e politiche nel pagamento del gas in rubli

A marzo il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che la Russia, nei pagamenti per le forniture di gas naturale agli acquirenti provenienti da Paesi “ostili”, accetterà solo rubli e non più euro e dollari.

Putin sta facendo progressi, pronto al piano B"

Parlando delle valute occidentali, tradizionalmente utilizzate per pagare il gas russo, le ha definite “compromesse“, aggiungendo che questo è solo l’inizio! 

Secondo Putin, non ha più senso fornire beni a Paesi che hanno congelato le riserve russe in dollari, euro e una serie di altre valute facendo così perdere a queste il loro valore di mercato. 

I fornitori nazionali dovranno rinegoziare i contratti entro il 31 marzo. “Il cambiamento nella procedura per i pagamenti è dovuto al fatto che, in violazione delle norme del diritto internazionale, le riserve valutarie della Banca di Russia sono state congelate dagli Stati membri dell’UE”, afferma il messaggio sul sito web del Cremlino. “È stato osservato che la decisione non dovrebbe portare a un deterioramento delle condizioni contrattuali per le società europee che importano gas russo”, ha aggiunto il Cremlino.

La Banca centrale russa alza i tassi al 20%. Corsa dei gestori a vendere  gli asset - MilanoFinanza.it
Banca Centrale di Russia

Il vice primo ministro Alexander Novak ha concordato sull’inaffidabilità di vendere  petrolio in cambio di dollari ed euro. La Russia ha offerto ai paesi dell’UE di aprire un conto in rubli nelle banche russe per pagare il gas. 

Alexander Novak ministro russo positivo - IlTarantino.it
Alexander Novak

A queste voci si è aggiunta anche quella del presidente della Federazione Russa Dmitry Peskov. “Le aziende devono comprendere le mutate condizioni del mercato e l’ambiente completamente mutato che è sorto nelle condizioni della guerra economica condotta contro la Russia”, ha spiegato il portavoce del Cremlino.

Chi è Dmitry Peskov, l'eminenza grigia di Putin
Dmitry Peskov

Secondo Peskov, le compagnie straniere “dovrebbero capire che con la loro valuta, euro o dollari, devono solo comprare rubli e pagare il gas con i rubli”, quindi, di fatto, la situazione è pressoché invariata. Allo stesso tempo, i dettagli dell’ordine presidenziale di cambiare la valuta dei pagamenti saranno calcolati in modo che il sistema sia semplice, comprensibile, trasparente e fattibile per gli acquirenti europei e di altro tipo, ha osservato.

Il portavoce ha aggiunto che la Russia è sempre stata e rimane un fornitore affidabile di risorse energetiche. “La Russia è interessata a vendere il suo gas. Siamo sicuri di avere il miglior gas in offerta sul mercato in termini di ritmo delle consegne, in termini di prezzo e in termini di affidabilità. Non esiste gas migliore di quello russo, tutte le altre opzioni sono peggiori. Questa è la realtà”, ha sottolineato Peskov, sembrando così un addetto al marketing! E’ sottinteso, secondo i portavoce, che la Russia non fornirà gas gratuitamente se l’Unione europea si rifiuta di pagarlo in rubli.

L’Unione Europea, è ovviamente contraria alla decisione del Cremlino, ma c’è il rischio di rimanere senza gas se la proposta russa, che di fatto è un ultimatum, verrà respinta. Il presidente russo ha comunque affermato che gli altri termini dei contratti non saranno rivisti. Ciò significa che la fornitura dei beni rimarrà esattamente la stessa di prima in termini di prezzi e di modalità. 

Comunità Europea: storia e paesi membri | Studenti.it

Secondo la nuova procedura indicata dal Cremlino, per pagare il gas le società straniere, che in precedenza si accordavano direttamente con Gazprom in dollari ed euro, ora dovranno aprire un doppio conto corrente presso la Banca Gazprom in cui, nel primo pagheranno in euro o dollari e nel secondo si preoccuperà la Banca stessa a girare gli importi convertendoli nel contempo in rubli.

Gazprombank - Dago fotogallery
Gazprombank

Anche se il modo più semplice sarebbe stato quello di acquistare rubli dalla Banca Centrale di Russia direttamente dagli stessi importatori, ma la UE ha posto questa banca sotto sanzioni, sanzioni che, chiaramente, colpiscono negativamente gli europei stessi.

 L’ultimatum russo “pagare il gas in rubli” è una questione di principio per il Cremlino, poiché metà delle riserve auree e valutarie della sua Banca Centrale sono state congelate. Si tratta di circa 300 miliardi di dollari. Questo ultimatum è un messaggio preciso per l’Europa, che significa: “Se rimuovi le sanzioni alla Banca centrale, vivrai più facilmente”

….oppure muori e fai morire.

Gazprom provvederà a inviare una bozza di accordo supplementare a tutte le sue controparti. Sono state apportate modifiche alla clausola del contratto che specifica la valuta in cui verranno effettuati i pagamenti per il gas fornito. E se le compagnie firmeranno questo accordo aggiuntivo, riconosceranno la loro dipendenza dal gas russo. In effetti, leggendo tra le righe, l’ultimatum russo è: “O passiamo ai pagamenti in rubli, o non vendiamo gas a voi”.

Per molti Paesi europei sta emergendo una situazione drammatica: la stagione invernale sta finendo e i depositi di gas sono vuoti. I Paesi europei ora hanno bisogno di comprare molto gas per reintegrare le scorte e prepararsi al prossimo inverno.

Se la Commissione europea, ad esempio, interviene vietando il pagamento del gas in rubli, la Russia può considerarlo come una sanzione e cessare le forniture. 

Ma non solo, la Russia, come contromisura, potrebbe imporre un divieto sulla fornitura di petrolio e carbone, che porterà sicuramente ad una profonda crisi energetica e, a seguire, industriale e sociale.

L’abbandono da parte dell’Europa del gas e del petrolio russi comporterà conseguenze molto gravi per gli stessi europei. Da un lato, questo porterà ad un inevitabile aumento dei prezzi del gas in tutto il mondo. Dall’altro, porterà a interruzioni di energia elettrica in Europa, poiché parte della fornitura di energia elettrica viene prodotta utilizzando il gas. Ciò solleva la domanda: come si preparerà l’Europa per il prossimo inverno senza le forniture energetiche russe? In questo caso l’Europa dovrà fare scorta di carbone, ma la Russia fornirà carbone ai Paesi europei? La Russia è uno dei maggiori fornitori di carbone sul mercato mondiale, secondo solo all’Indonesia e all’Australia in termini di volumi e, a partire dal 2019, la Russia ha coperto il fabbisogno di carbone europeo per ben una quota del 47%.

Quindi, dal punto di vista economico, non solo la Russia stessa soffrirà delle sanzioni, ma anche i Paesi europei. Gli interessi dell’UE soffriranno anche da un punto di vista politico, poiché la guerra economica dichiarata alla Russia rafforzerà ulteriormente la posizione degli Stati Uniti in Europa, aumenterà la dipendenza dei Paesi europei.

L’Italia, da parte sua, ha annunciato l’impossibilità di pagare il gas russo in rubli, di fatto tagliandoci fuori dalla fornitura … e qualcuno ancora li chiama il governo dei migliori …

Draghi ha anche detto di aver ricevuto da Putin una lunga spiegazione su come mantenere i pagamenti in euro, tenendo conto delle intenzioni di Mosca di passare ai rubli.

“Ho appena sentito che poi lo staff tecnico dovrebbe consultarsi su questo tema per capire come avrebbe funzionato. Quello che ho capito è che il trasferimento del pagamento da euro e dollari a rubli è una questione interna della Russia “, ha spiegato molto vagamente. Ma Draghi non era un quotato banchiere delle grandi banche europee?

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La più grande compagnia petrolifera e del gas italiana, Eni, ha annunciato l’impossibilità di pagare il gas russo acquistato in rubli, come richiesto dal presidente russo Vladimir Putin. Le parole del capo dell’Eni, Claudio Descalzi, sono state: “Ci hanno chiesto di pagarlo [gas] in rubli. Non saremo in grado di farlo perché non abbiamo rubli. E questo non è previsto dal contratto, che specifica i pagamenti in euro”, ha detto Descalzi, aggiungendo che i termini del contratto non possono essere modificati unilateralmente.

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Il capo dell’Eni ha anche sottolineato di non essere sicuro delle future forniture di gas dalla Russia, che ora vengono effettuate attraverso il territorio ucraino. L’Europa, secondo Descalzi, purtroppo non ha mai pensato alla propria sicurezza energetica, ma il top manager ha proposto il carburante dei Paesi africani come un’alternativa al gas russo.

Chissà cosa avrebbe risposto Enrico Mattei?

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Enrico Mattei

Anche il Giappone, attraverso le dichiarazioni di Novosti Toshihiro Sugiura, ricercatore dell’Institute for Economic Research of North Asia (ERINA),   si è dichiarato contrario al pagamento del gas russo in rubli definendo improbabile che le compagnie occidentali paghino il gas in rubli, poiché questo requisito è una modifica unilaterale del contratto.

Lo specialista giapponese osserva che la richiesta della Russia è una violazione del contratto tra l’esportatore e l’importatore, poiché i cambiamenti di solito vengono raggiunti previo accordo di entrambe le parti e non unilateralmente. “Questa è una decisione politica”, osserva l’esperto. 

Anche in Germania, secondo quanto riferito dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, con riferimento alla conversazione telefonica tenuta con il leader russo mercoledì 30 marzo questo avrebbe ammorbidito le sue richieste nei confronti dei Paesi europei, proponendo lo schema di cui abbiamo parlato con l’intervento della Banca Gazprom, in qualità di cambiavalute.

Scholz “non ha accettato questa procedura ma ha solo richiesto informazioni scritte per comprenderla più accuratamente.” 

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La Gazprombank è la terza in Russia, in termini di attività, e non rientra nel nuovo, quinto pacchetto di sanzioni dell’UE, che è attualmente in fase di sviluppo. Avendo ricevuto euro, potrà convertirli in rubli e trasferire fondi a Gazprom.

L’analista Evgeny Kogan ha osservato che una tale richiesta di Putin viola i contratti conclusi, poiché cambia il livello di rischio calcolato per gli acquirenti. A suo parere, un compromesso su questo tema sembra probabile, ma richiede uno sforzo reciproco, che l’Europa non ha ancora dimostrato.

L’Unione europea ha preso parte alla discussione del gruppo di paesi del G7 sulla questione del pagamento del gas russo in rubli, respingendo l’obbligo di pagare il gas in rubli  e, conseguentemente, le conclusioni dei Paesi del G7 sono valide anche per l’UE. Lo ha affermato durante un briefing il rappresentante ufficiale della Commissione europea, Eric Mamer.

“La nostra posizione è la stessa del G7”, ha detto, commentando l’ordine del presidente russo Vladimir Putin di accettare il pagamento per l’esportazione di gas russo solo in rubli.

Successivamente, i Paesi del G7 hanno esortato le aziende locali a non accettare fatture in rubli per la fornitura di gas russo. L’accordo è stato raggiunto in una riunione straordinaria dei ministri dell’energia di Gran Bretagna, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e Stati Uniti.

Commentando il rifiuto del G7 di acquistare gas russo in rubli, il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov ha affermato che la Russia non intende impegnarsi in beneficenza, il suo gas naturale non è gratuito!

Di contro, il Cremlino ha esortato a elaborare la proposta di Volodin di espandere l’elenco delle merci da esportare per rubli includendo, oltre il gas, anche fertilizzanti, grano, petrolio, carbone, metalli, legname e molto altro.    

La motivazione di questa decisione, secondo l’addetto stampa del Presidente della Federazione Russa Dmitry Peskov , è un incipiente indebolimento della posizione del dollaro, come principale valuta mondiale, e la conseguente necessità di passare alla pratica di utilizzo di valute nazionali.

“Questa è un’idea che, naturalmente, dovrebbe essere elaborata, tenendo conto del fatto che ci sono Paesi che mostrano un interesse per i regolamenti reciprocamente in valute nazionali … Dato che, negli ultimi anni, il prestigio del dollaro, come principale valuta di riserva mondiale, è stato scosso e la fiducia in altre valute internazionali non è al più alto livello, l’unica alternativa inevitabile a questi processi sarà quella di espandere la pratica di utilizzare le valute nazionali “, ha detto Peskov ai giornalisti.

Conseguenze alimentari della guerra in Ucraina.

Negli articoli precedenti (qui, qui, e qui)abbiamo approfondito i riflessi economici degli eventuali blocchi alle esportazioni di beni energetici dalla Russia.

Ora approfondiamo l’aspetto legato alla produzione di prodotti agricoli, visto che i divieti di esportazione, i prezzi elevati e l’aumento dei costi di trasporto potrebbero impedire ai Paesi vulnerabili di procurarsi scorte alimentari sufficienti.

L’Ucraina e la Russia sono i principali esportatori di prodotti alimentari. Ognuno di essi fornisce circa il 6% delle quote di mercato globali in beni alimentari. Già nel febbraio 2022, prima dell’invasione russa, i prezzi dei prodotti alimentari erano a un livello record a causa della ripresa della domanda post covid-19. Ma la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni potrebbero implicare un perdurare dei prezzi elevati dei prodotti alimentari.

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Le materie prime per le quali la Russia e l’Ucraina svolgono i ruoli più importanti sono grano, orzo, mais, semi di girasole e oli di girasole. Le quote russo-ucraine delle esportazioni globali di orzo e grano sono aumentate nel 2021, rispettivamente al 14% e al 10%.

Di contro alcuni Paesi sono estremamente vulnerabili, soprattutto i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa che dipendono quasi esclusivamente dalle importazioni per il loro consumo di cereali e importano oltre il 10% del loro fabbisogno dall’Ucraina e dalla Russia.

I più a rischio sono Giordania, Yemen, Israele, Libia e Libano. Lo Yemen e il Libano hanno gravi preesistenti problemi di insicurezza alimentare e importano rispettivamente il 31% e il 47% dei loro cereali dall’Ucraina e dalla Russia.

Alcuni Paesi europei e dell’Asia centrale, anche se con una maggiore quota di produzione cerealicola nazionale, si affidano completamente all’Ucraina e alla Russia per i cereali che importano. Questi includono Armenia (92% delle importazioni dai due Paesi), Georgia (85%) e Azerbaigian (77%).

Anche un certo numero di paesi dell’Africa sub-sahariana sono vulnerabili perché, sebbene dipendano dall’Ucraina e dalla Russia solo in misura limitata per i cereali, hanno poca capacità economica di adattarsi all’aumento dei prezzi e alle interruzioni dell’approvvigionamento. Questi includono soprattutto il Sudan e il Congo.

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Oli vegetali.

Russia e Ucraina rappresentano congiuntamente il 57% delle esportazioni globali di olio di girasole. I prezzi dell’olio vegetale erano già ai massimi storici nel febbraio 2022. Questi prezzi sono stati il principale motore dell’inflazione alimentare dalla fine del 2021. L’elevato prezzo di questi prodotti, che sono usati nella maggior parte delle trasformazioni alimentari, è il risultato di una combinazione di maltempo, cattivo raccolto e aumento dei prezzi dell’energia. La guerra sarà un’ulteriore causa di aumento dei prezzi degli oli vegetali, data l’importanza nella regione Ucraina della produzione di olio di girasole. Tra il 35% e il 40% dell’olio di girasole dell’UE proviene proprio dall’Ucraina.

L’invasione avrà anche un impatto sull’approvvigionamento alimentare attraverso la fornitura di fertilizzanti.

I prezzi dei fertilizzanti erano già in aumento prima della guerra, raggiungendo livelli mai visti dalla crisi finanziaria globale. L’impennata dei prezzi è dovuta principalmente all’aumento dei prezzi del gas, che ha frenato la produzione di importanti componenti nella fabbricazione di fertilizzanti, come l’ammoniaca.

La Russia e la Bielorussia sono rispettivamente il primo e il sesto maggiore esportatore mondiale di fertilizzanti, rappresentando un totale del 20% dell’offerta globale. La Russia rappresenta quasi un decimo dei fertilizzanti globali a base di azoto e fosfato e, con la Bielorussia, rappresenta circa un terzo della produzione di cloruro di potassio. La guerra avrà un impatto diretto poiché la Russia ha già annunciato divieti di esportazione di fertilizzanti verso “paesi non amici” tra i quali è presente l’Italia grazie al governo e a chi lo sostiene.

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Gli impatti indiretti si faranno sentire anche in quanto la produzione di fertilizzanti è ad alta intensità energetica, basandosi in particolare sul gas naturale. La produzione di fertilizzanti e dell’ammoniaca assorbe tra l’1 e il 2% del consumo energetico globale.

L’interruzione del mercato globale dei fertilizzanti avrà un impatto importante sulle rese delle colture e sul reddito agricolo. Nell’UE, gli agricoltori saranno colpiti sia dagli aumenti dei prezzi che dalle rinnovate restrizioni commerciali. Tra l’altro l’UE ha già introdotto sanzioni sulle esportazioni bielorusse di cloruro di potassio. La stessa però dipende per l’85% del suo consumo di cloruro di potassio dalle importazioni, di cui il 27% dalla Bielorussia.

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Visione di medio-lungo periodo.

Oltre all’interruzione a breve termine delle esportazioni dall’Ucraina, queste potrebbero essere ancora limitate per un periodo medio-lungo a causa delle infrastrutture danneggiate dalla guerra e dal fatto che le colture potrebbero non essere piantate quest’anno. Oltre a queste problematiche, sia l’Ucraina che la Russia hanno imposto restrizioni all’esportazione per sostenere la domanda interna. A marzo l’Ucraina ha vietato le esportazioni di una serie di prodotti alimentari (segale, orzo, grano saraceno, miglio, zucchero, sale e carne) fino alla fine del 2022.

Finora, le grandi aziende agricole in Ucraina hanno sospeso le operazioni a causa di problemi per la sicurezza. Le principali infrastrutture, in particolare i porti da cui la maggior parte dei cereali viene inviata, rimangono intatte ma non sono operative. La guerra si sta sviluppando nelle zone dell’est e nel sud-est dell’Ucraina, dove esiste una importante concentrazione di colture. Aspettiamoci quindi che i terreni agricoli potrebbero essere danneggiati, o almeno non seminati.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura finora prevede che una percentuale tra il 20% e il 30% dei terreni solitamente destinati a cereali, mais e semi di girasole non produrrà raccolti per il prossimo anno. Nel peggiore dei casi, l’Ucraina avrà bisogno di tutto ciò che può produrre per il suo consumo interno e le esportazioni saranno azzerate. Nel secondo scenario peggiore, l’Ucraina sarà ancora in grado di portare metà della sua normale produzione sui mercati di esportazione. E nel migliore dei casi, che probabilmente si materializzerebbe solo se le ostilità finissero rapidamente, l’Ucraina potrebbe perdere solo il 33% delle sue esportazioni.

Mipaaf - FAO

Per le esportazioni russe, gli scenari prevedono una riduzione dal 10% al 30%. Finora, la Russia ha chiuso il Mare di Asov alle navi commerciali, ma ha mantenuto aperto il suo porto del Mar Nero, da dove viene spedita la maggior parte dei suoi cereali. Di fronte all’aumento dei prezzi alimentari, la Russia ha iniziato a frenare le esportazioni già a dicembre 2021. Nel marzo 2022, le esportazioni di cereali verso l’Asia centrale sono state sospese.

Infine, una carenza di fertilizzanti implicherebbe una riduzione della produzione alimentare in altre parti del mondo, porterebbe ad un maggiore divario tra le esigenze dei Paesi importatori e le possibilità dei Paesi esportatori.

Il risultato più evidente peserebbe sui Paesi più esposti cioè i Paesi a basso e medio reddito dell’Asia centrale, dell’Europa orientale, del Medio Oriente e del Nord Africa. Lo shock dell’offerta si tradurrà in prezzi più elevati. Anche i Paesi dell’Africa sub-sahariana, tra cui Mauritius, Capo Verde, Botswana, Lesotho e Namibia, potrebbero essere colpiti tanto quanto quelli che sono storicamente dipendenti dalle importazioni dall’Ucraina e dalla Russia. Inoltre, i Paesi con basso reddito disponibile hanno una situazione finanziaria significativamente peggiorata già dalla pandemia di COVID-19.

Spostare le rotte di approvvigionamento per le materie prime agricole sarà anche impegnativo dal punto di vista della logistica. Molti Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa si affidano alla rotta del Mar Nero. Per i Paesi a basso e medio reddito, i costi di importazione da luoghi più lontani saranno più difficili da assorbire, soprattutto perché questi dipendono principalmente dall’andamento dei valori del carburante e dell’energia.

Conclusioni e considerazioni

L’offerta di cibo più bassa e i prezzi più alti persisteranno nei prossimi mesi. L’inflazione globale aumenterà con l’aumento storico combinato dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. Questi fattori avranno come diretta conseguenza l’aumento dei bisogni umanitari e di rischi politici. Un certo numero di Paesi sta già applicando restrizioni all’esportazione per garantire le proprie forniture, esacerbando i problemi per i Paesi più vulnerabili.

 Anticipare le carenze future potrebbe aiutare in modo significativo ad ammorbidire il colpo e limitare gli impatti umanitari degli shock dell’approvvigionamento alimentare. I principali produttori, tra cui l’UE, gli Stati Uniti e l’Australia, potrebbero prepararsi. Queste economie hanno industrie agro-alimentari molto efficienti e potrebbero aumentare la produzione su terreni incolti. L’UE in particolare, con la sua vicinanza ai mercati più vulnerabili, deve consentire ai suoi agricoltori di aumentare drasticamente la produzione di cereali. Le colture per il consumo alimentare dovrebbero essere prioritarie, ove possibile, rispetto ai foraggi e ai biocarburanti, che restano comunque, molto richiesti nei Paesi sviluppati a causa dell’impennata dei prezzi dell’energia.

Attualmente l’UE produce colture energetiche su circa il 15% dei suoi seminativi. Inoltre, data l’entità dello shock attuale, l’obbligo per gli agricoltori dell’UE di lasciare il 5% dei seminativi come “aree di interesse ecologico” – incolte e senza uso di fertilizzanti – dovrebbe essere revocato per l’attuale stagione di semina. Purtroppo questa è terminata alla fine di marzo e sarà probabilmente molto limitata, ma per la prossima stagione sarà fondamentale garantire che le scorte alimentari siano reintegrate.

Una delle principali sfide per gli agricoltori dell’UE rimane l’impennata dei prezzi dei fattori di produzione, compresi i fertilizzanti e il carburante. Ciò potrebbe giustificare un sostegno mirato per garantire che le aziende agricole rimangano economicamente sostenibili. Alcuni agricoltori europei potrebbero essere al sicuro dallo shock dei fertilizzanti di quest’anno perché hanno già ciò di cui hanno bisogno, ma effetti negativi saranno evidenti pienamente l’anno prossimo.

Questa analisi rende molto razionale e logico sia il problema che la sua eventuale soluzione. Ma dobbiamo purtroppo renderci conto che i problemi citati non scaturiscono direttamente dalla guerra, ma soprattutto dalle scellerate scelte della governance europea, effettuate in questo periodo ma ancor più nei precedenti. Alla luce di questa considerazione, non si può sperare nella logica e razionale lungimiranza delle autorità competenti che, negli anni, hanno dato prova di essere portatori degli interessi delle multinazionali e dei lobbisti che li rappresentano.

Perché l’Ue non vuole imporre un embargo sull’importazione di risorse energetiche dalla Russia.

I prezzi record dell’energia hanno costretto i politici europei a riconsiderare le loro opinioni sulla possibilità di imporre un divieto d’importazione alle risorse energetiche russe.

Dopo l’annuncio della decisione degli Stati Uniti di fermare l’importazione di materie prime dalla Russia, il capo della diplomazia dell’UE, Josep Borrell, ha affermato che la UE non avrebbe aderito all’embargo.

Josep Borrell

In precedenza, dopo che il prezzo dei futures sul gas di aprile si era avvicinato ai $ 4.000 per mille metri cubi, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che la sicurezza energetica dell’Europa non potrebbe ancora essere garantita senza il carburante russo.

Olaf Sholz

Nel frattempo, il vice primo ministro russo Alexander Novak ha affermato che, in caso di embargo, il prezzo del petrolio potrebbe salire a 300 dollari al barile, ventilando anche l’ipotesi che Mosca si riserverebbe il diritto di fermare Nord Stream 1. Tutto questo potrebbe innescare una crisi economica globale che colpirebbe prima di tutto l’Europa con conseguente recessione e collasso dell’intera area.

Ad inizio marzo il prezzo del gas ha sfiorato i 4.000 dollari per mille metri cubi mentre il costo del petrolio ha superato i 130 dollari al barile, aggiornando un record decennale. Anche il prezzo dell’alluminio ha mostrato il suo massimo storico. Il costo di una tonnellata in borsa ha raggiunto i 4.000 dollari.

Tutto ciò è stato il risultato delle sanzioni più discusse: il divieto di importazione di petrolio e gas naturale dalla Russia.

Secondo il segretario di Stato americano Anthony Blinken, gli Stati Uniti stanno conducendo una “discussione molto attiva” sulle prospettive di un divieto delle forniture di petrolio dalla Russia, ma finora, le sanzioni occidentali non hanno bloccato il suo commercio di energia.

A

Nonostante l’embargo totale non sia stato ancora imposto, alcuni importatori sono già riluttanti nell’acquistare petrolio russo. Come ha scritto Bloomberg, molti acquirenti stanno cercando di evitare l’oro nero “tossico” della Russia. La scorsa settimana, Surgutneftegas non è riuscita a vendere un solo lotto di petrolio russo degli Urali dai porti baltici.

La società anglo-olandese Shell è stata duramente criticata dai politici ucraini per aver acquistato petrolio russo ed è stata persino costretta a rilasciare una dichiarazione ufficiale, promettendo di utilizzare i profitti derivanti dall’operazione per aiutare i cittadini ucraini. Di conseguenza, l’8 marzo Shell ha annunciato il rifiuto delle risorse energetiche russe e la chiusura delle stazioni di servizio nella Russia. Inoltre, BP ha annunciato la sua decisione di non stipulare nuovi accordi per l’acquisto di petrolio e gas.

Nel frattempo, l’Arabia Saudita ha aumentato i prezzi ad aprile di $ 4,95 al barile e in Libia la produzione di petrolio è scesa sotto 1 milione di barili al giorno a causa della crisi politica locale, innescata negli scorsi anni dall’attacco della Francia.

Dopo questi fatti, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha rilasciato una dichiarazione raffreddando gli animi. Secondo Scholz, si continueranno le relazioni con la Russia nel campo dell’approvvigionamento energetico, poiché non ci sono altri modi per garantire la sicurezza energetica dell’Europa adesso.

“Attualmente non c’è altro modo per garantire l’approvvigionamento energetico dell’Europa per il riscaldamento, i trasporti, l’elettricità e l’industria. Pertanto, è essenziale (continuare i contratti ndt) per i servizi di interesse generale e la vita quotidiana dei nostri cittadini”, ha affermato Olaf Scholz.

Anche il capo della diplomazia europea, in una dichiarazione rilasciata al canale televisivo Al-Jazeera, Josep Borrell, ha affermato che l’Unione europea non intende abbandonare i vettori energetici russi:

“Non vieteremo l’importazione di energia russa. Non seguiamo Biden su questo tema”, ha detto il funzionario.

Nonostante ciò gli Stati Uniti hanno tuttavia deciso di vietare le importazioni di energia dalla Russia in relazione alla situazione in Ucraina.

“Questa è una decisione bipartisan al Congresso e, penso, all’intero paese”, ha detto il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, in un discorso televisivo.

Joe Biden

Apparentemente, tale risolutezza è collegata al fatto che la quota delle consegne russe sul mercato americano non è così rilevante. Nel 2021, gli Stati Uniti hanno importato dalla Russia solo 3,09 miliardi di barili di petrolio e prodotti petroliferi, ha affermato Alexander Frolov, vicedirettore generale del National Energy Institute. Per fare un confronto: nel 2019 3,3 miliardi di barili e nel 2020 2,88 miliardi.

“Rinunciare al petrolio russo avrebbe conseguenze catastrofiche per il mercato globale”, ha avvertito il vice primo ministro Alexander Novak in una sua dichiarazione, sottolineando che “l’aumento del prezzo potrebbe essere “imprevedibile con la possibilità di arrivare a più di $ 300 al barile. Allo stesso tempo, comprendiamo che, in relazione alle accuse infondate contro la Russia in merito alla crisi energetica in Europa e all’imposizione del divieto del Nord Stream 2, abbiamo tutto il diritto di prendere una decisione speculare e imporre un embargo sul pompaggio di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1, che oggi è attivo al 100%. Ma non abbiamo ancora preso quella decisione. Nessuno ne trarrà vantaggio. Anche se i politici europei ci stanno spingendo verso questo con le loro dichiarazioni e accuse contro la Russia”.

Alexander Novak

Il risultato di questi scontri verbali? L’Europa sta pagando un prezzo molto alto per il gas!

Mentre la Russia, viceversa, continua a ricevere circa 700 milioni di euro al giorno per le forniture di gas!

Nel frattempo, con prezzi del gas superiori a $ 3.500 per mille metri cubi (e si stanno già avvicinando a $ 4.000), si affaccia lo spettro di un collasso quasi completo dell’industria europea che utilizza il gas nel settore chimico, nella produzione di fertilizzanti, nei cementifici e negli impianti metallurgici.

ECONOMIA: IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE PREVEDE UNA GRAVE RECESSIONE  GLOBALE – Radio Onda d`Urto

Le conseguenze potrebbero essere drammatiche per la totalità dell’industria europea con probabile innesco di una recessione economica nell’UE.

Petrolio? Mala tempora currunt …

Le problematiche geopolitiche possono creare effetti imprevedibili e indesiderati. L’invasione russa dell’Ucraina e la risposta dell’Occidente forniscono un’idea di quanti danni possa provocare questa combinazione.

Ucraina: cosa vuole la Russia, cosa può fare l'Occidente — L'Indro

Il prezzo del petrolio prima dell’invasione era scambiato poco sopra i 90 $ al barile. L’offerta, che era stata ridotta durante la pandemia, stava ripartendo lentamente rispondendo al rimbalzo della domanda conseguente alla fine dei lockdown.

Ma con l’inizio delle ostilità e le successive sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia (con l’eccezione delle sue esportazioni di petrolio e gas a causa della dipendenza dell’Europa da loro) abbiamo visto il prezzo salire a quasi $US 140 al barile, prima di scendere al suo livello attuale di circa $US 115 al barile. Un aspetto molto rilevante è stata l’eccezionale volatilità, con movimenti intraday fino al cinque per cento.

Questa entità dei movimenti dei prezzi ha causato una forte pressione finanziaria per i traders di petrolio e i loro finanziatori. Questo, a sua volta, ha impattato sull’offerta fisica di petrolio.

Nonostante le sanzioni non si applichino, attualmente, alle esportazioni di petrolio e gas della Russia, gli acquirenti e i traders si sono “auto-sanzionati”, sia a causa del timore di danni alla reputazione per essere considerati filo russi – il tipo di danno subito da Shell quando ha acquistato un carico a basso costo di petrolio russo – oppure nel timore di essere inavvertitamente coinvolti nella rete di sanzioni finanziarie.

A questo si aggiunge l’incertezza nel divenire della crisi. Ogni notizia proveniente dall’Ucraina, oppure ogni volta che viene promossa un’estensione delle sanzioni, oppure ogni volta che ci sono negoziati tra Ucraina e Russia si generano volatilità e rischio. Un carico di petrolio potrebbe avere un valore quando lascia un porto e uno molto diverso una volta giunto a destinazione.

Petroliera - Wikipedia

Tutto questo ha stressato i mercati delle materie prime in generale e il mercato petrolifero in particolare.

I traders stanno esperendo una crisi di liquidità a causa delle aumentate richieste di margine, sia nel mercato fisico del petrolio che nei mercati dei derivati. Gli stessi hanno usato i prestiti bancari per finanziare i carichi di petrolio e altre materie prime che spediscono in tutto il mondo. E poiché i prezzi delle materie prime sono aumentati dopo l’invasione, il requisito di finanziamento per ogni spedizione è aumentato bruscamente. Di conseguenza anche i costi di copertura del valore dei carichi contro il rischio nei mercati finanziari sono aumentati drasticamente.

La posizione dei traders e dei produttori di petrolio, peraltro, non è aiutata dal fatto che il mercato dei futures per il petrolio è in “backwardation“, cioè il prezzo atteso del petrolio in futuro è inferiore al prezzo attuale.

Con gli USA che, da un lato cercano di fare un accordo con l’Iran e il Venezuela per aumentare la loro produzione in cambio di un alleggerimento delle sanzioni, e dall’altro fanno pressione sull’Arabia Saudita per attingere alla sua capacità produttiva, ostinatamente non utilizzata in pieno (ricordiamo che esiste un accordo OPEC per limitare la crescita della sua offerta), è possibile un aumento dell’offerta, anche se improbabile nel breve termine.

Wikileaks annuncia che le riserve di petrolio dell'Arabia Saudita sono  state gonfiate - Rete Clima

Gli europei stanno attualmente discutendo se includere l’energia russa nelle loro sanzioni (gli Stati Uniti e il Canada hanno già smesso di acquistare petrolio russo), anche se Germania e Ungheria sono apparentemente contrarie. Ricordiamo che la Russia fornisce la maggior parte del petrolio e del gas della Germania. Ricordiamo che le sanzioni richiedono l’approvazione di tutti i 27 membri dell’Unione e se ciò dovesse accadere si potrebbe innescare una forte salita del prezzo del petrolio che potrebbe scatenare una recessione profonda e prolungata all’economia globale.

ECONOMIA: IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE PREVEDE UNA GRAVE RECESSIONE  GLOBALE – Radio Onda d`Urto

E’ saggio per la Ue imporre limitazioni o blocchi alle importazioni di prodotti energetici dalla Russia?

Uno stop alle forniture russe di petrolio, gas e carbone spingerebbe la zona UE in un doloroso periodo di crisi economica per le difficoltà energetiche, che finiranno per scaricarsi sulla cittadinanza, già martoriata da due anni di folli interventi imposti con la pretesa di arginare l’epidemia COVID-19.

Stati Uniti, Canada e Regno Unito hanno annunciato embarghi o misure di eliminazione graduale dei prodotti energetici provenienti dalla Russia. Ma ricordiamo che questi Paesi hanno nei loro territori cospicue produzioni petrolifere.

L’Unione Europea invece si è mostrata titubante lanciando una nuova strategia energetica, REPowerEU.

La strategia mira a ridurre di quasi due terzi le importazioni di gas dell’UE dalla Russia entro la fine del 2022 e a rendere l’Europa indipendente da tutti i combustibili fossili russi entro il 2030.

Ammesso che la UE, nel suo insieme, possa affrontare il prossimo inverno senza gas russo, potremmo sostenere anche un’interruzione delle forniture di petrolio e carbone?

Alcuni operatori del mercato hanno già iniziato a limitare i loro acquisti di carbone e petrolio dalla Russia, altri hanno smesso di acquistare petrolio russo, mentre altri ancora acquistano solo con uno sconto sostanziale. L’Agenzia internazionale per l’energia suggerisce che 3 milioni di barili al giorno (mb / d) di petrolio greggio e prodotti petroliferi russi potrebbero non trovare allocazione nei mercati a partire da aprile 2022, a causa delle sanzioni.

Petrolio

La Russia è il più grande esportatore di petrolio al mondo, con circa l’8% dell’offerta mondiale, e l’UE il secondo importatore mondiale e il più grande acquirente di petrolio russo. Oltre il 70% delle esportazioni di prodotti petroliferi russi è andato ai mercati europei e statunitensi.

Secondo il Servizio Federale delle Dogane della Russia, nel 2021, quando i prezzi del petrolio erano in media $ 71 barile, le esportazioni di petrolio greggio e i prodotti petroliferi hanno rappresentato il 37% delle entrate russe da esportazioni, nel febbraio 2022, il prezzo del petrolio russo era in media di $ 92 barile. Possiamo immaginare l’effetto di questo dato sulle entrate russe!

Storicamente, l’infrastruttura petrolifera russa è stata costruita per servire i mercati europei, in particolare attraverso l’oleodotto Druzhba, che alimenta direttamente sei raffinerie nell’UE. Ma dal 2009 (quando è stata completata la prima fase dell’oleodotto ESPO-1), la Russia ha sviluppato rotte di esportazione verso i mercati asiatici e direttamente in Cina.

L’UE: il secondo importatore mondiale di petrolio

Nel 2020, secondo Eurostat, l’UE ha importato 9,3 mb / d di petrolio greggio e 5,6 mb / d di prodotti petroliferi raffinati. Circa 8 mb/g di prodotti importati o raffinati a livello nazionale vengono utilizzati per il trasporto (diesel, benzina, cherosene), circa 3,5 mb/d per il riscaldamento (gasolio, olio combustibile) e 2 mb/d come materia prima dell’industria chimica (nafta, GPL). Alcuni di questi combustibili vengono riesportati in mercati come gli Stati Uniti e la Svizzera.

Nel novembre 2021, la Russia rappresentava poco meno del 30% delle importazioni di petrolio greggio dell’UE e poco più del 15% dei prodotti petroliferi. In caso di interruzione delle forniture russe, l’UE sarebbe vulnerabile per carenza di diesel, nafta e olio combustibile.

Nel 2021, le importazioni totali di petrolio dell’UE ammontavano a 15 mb/g, di cui 3,5 mb/g provenivano dalla Russia, con un conseguente flusso di 88 miliardi di euro dall’UE e dal Regno Unito verso la Russia.

Approvvigionamento globale aggregato di petrolio

Se il commercio di petrolio UE-Russia si fermasse, circa 3 mb/g di offerta di greggio russo e circa 1 mb/g di prodotti petroliferi verrebbero messi offline, costituendo un grave shock dell’offerta globale, e non è chiaro se i fornitori sarebbero in grado o disposti a compensare il deficit, questo per motivi strutturali di domanda-offerta che analizzeremo in un successivo articolo.

Ricordiamo che i membri dell’OPEC hanno attualmente un accordo con la Russia, mentre i partner dell’Asia centrale, noti come OPEC +, hanno concordato di limitare la crescita dell’offerta a 0,4 mb / d al mese. Finché questi non aumenteranno la produzione, gli Stati Uniti e i loro alleati dovranno affrontare delle serie difficoltà ad esercitare una pressione politica sulla Russia.

In ogni caso, i membri dell’OPEC sembrano lottare per raggiungere i propri obiettivi di produzione. A dicembre 2021, la produzione è aumentata di 0,25 mb/g rispetto all’obiettivo di 0,4 mb/g. La situazione è recentemente peggiorata con la perdita di capacità di 0,3 mb / g da parte della Libia.

La produzione statunitense è scesa di circa 3 mb / g all’inizio della pandemia e ha gradualmente recuperato circa la metà di questo valore.

Infine, i membri dell’OCSE detengono riserve strategiche di petrolio per 1,5 miliardi di barili. Questa offerta potrebbe compensare le esportazioni russe a rischio per circa un anno. Pertanto, un embargo immediato sul petrolio russo può essere parzialmente mitigato attingendo lentamente alle scorte strategiche. All’interno dell’UE, la direttiva sulle scorte petrolifere (2009/119/CE) impone ai Paesi di mantenere scorte di emergenza di petrolio greggio e/o prodotti petroliferi pari ad almeno 90 giorni di importazioni nette o 61 giorni di consumo, a seconda di quale sia il più alto.

L’Europa può sostituire le importazioni di petrolio dalla Russia?

Il fatto che gran parte delle importazioni di petrolio greggio in Europa avvenga via nave piuttosto che tramite oleodotto significa che, in linea di principio, sostituire il petrolio russo sarà più facile che sostituire il gas russo. Tuttavia, dovrebbero essere considerati alcuni problemi fondamentali.

Prima di tutto le infrastrutture petrolifere intraeuropee: se le forniture di petrolio russo si fermano, sarà difficile reindirizzare il petrolio greggio e i prodotti petroliferi all’interno dell’UE. L’infrastruttura è progettata per flussi da est a ovest e lo spostamento di petrolio greggio e prodotti verso est potrebbe comportare movimenti anomali di greggio, anche se tramite ferrovia, camion e chiatta fluviale.

Poi abbiamo il problema delle raffinerie, alcune di queste sono ottimizzate per utilizzare petrolio russo e saranno meno efficienti se lavoreranno con una diversa qualità di greggio. Il greggio iracheno e iraniano si avvicina di più al greggio russo. Particolarmente vulnerabili sono sei grandi raffinerie lungo il gasdotto Druzhba (in Polonia, Germania, Cechia, Austria, Ungheria e Slovacchia). Nel 2019, queste raffinerie sono state sottoposte a uno stress test in quanto i flussi sono stati interrotti a causa della contaminazione del petrolio. Hanno superato il test utilizzando riserve strategiche di greggio immagazzinato in loco. Ma queste interruzioni sono durate solo due mesi. Se non è possibile alimentare queste raffinerie, la riduzione dovrà essere assorbita in raffinerie alternative, per soddisfare la domanda del prodotto finale. Mentre le raffinerie portuali sono ancora vulnerabili a un calo da parte di un fornitore così grande, in genere sono in una posizione migliore per accettare consegne da nuovi fornitori.

Ancora, sostituzione dei prodotti raffinati russi. Oltre all’approvvigionamento di petrolio greggio, l’UE deve anche prendere in considerazione la sostituzione dei prodotti raffinati, quali diesel, nafta e olio combustibile. Le raffinerie europee potrebbero cercare di compensare questo problema aumentando la loro produttività. Per sostituire la perdita di approvvigionamento di diesel russo, ad esempio, le raffinerie europee dovrebbero aumentare l’impegno degli impianti di circa 10 punti percentuali, portandolo a quasi al 90% della capacità totale, pari a 15-16 mb / g. Sarebbe il più alto tasso di utilizzo di questo secolo.

Riduzione della domanda di petrolio

Poiché sarà difficile per l’Europa sostituire completamente, e in modo tempestivo, il petrolio greggio e i prodotti petroliferi russi, i governi dovranno incoraggiare la riduzione della domanda, e mi chiedo se questo non sia voluto da tempo. Viene subito in mente tutta la narrazione sul Great Reset e i paventati disastri ambientali incombenti, ma anche di questo ne parleremo in un altro articolo.

La UE potrebbe attuare rapidamente piani coordinati per ridurre la domanda, ad esempio aumentando il costo dell’energia per i cittadini (tanto paghiamo sempre noi cittadini) oppure attuando dei razionamenti (tanto al buio ci restiamo noi cittadini). Ancora una volta, come non pensare ad una strategia di attuazione del Great Reset?

Alcune misure sono già state suggerite per limitare la domanda di petrolio, soprattutto nel settore dei trasporti. Le misure che dovrebbero essere prese in considerazione includono l’incoraggiamento al trasporto pubblico, attraverso, ad esempio, il servizio gratuito nei fine settimana. Peccato che la popolazione sia sottoposta a ricatto del famigerato “Green Pass” per poter usufruire dei mezzi pubblici!

Inoltre si vorrebbero promuovere campagne per incoraggiare il car sharing. Come si suggerisce dalle parti di Davos? “Non avrai più nulla e sarai felice”.

Non avrai nulla e sarai felice - Inchiostronero

Nel caso in cui le misure falliscano, potrebbero essere necessarie soluzioni più severe, come restrizioni sull’acquisto di carburanti. In fondo il “Green Pass” potrebbe servire anche a questo, altrimenti perché chiamarlo Green?

Carbone

A livello globale, i principali esportatori di carbone sono Indonesia, Australia, Russia, Colombia, Sud Africa e Stati Uniti. Dal lato della domanda, la Cina è di gran lunga il principale importatore, seguita da India, Giappone, Europa e altri paesi dell’area Asia-Pacifico.

Con i prezzi del gas in una spirale inflazionistica, anche il prezzo del carbone è aumentato, quadruplicando in un anno. Il carbone e il gas sono concorrenti nel mercato dell’elettricità in quanto entrambi colmano quello che è noto come il “divario termico”.

Il mercato dell’UE

L’UE ha gradualmente ridotto il consumo di combustibili fossili solidi, passando da 1.200 a 427 milioni di tonnellate (MT) nell’arco di tre decenni (1990-2020). Il processo di riduzione, però, ha riguardato principalmente la quota di produzione interna, di conseguenza, le importazioni sono diventate più significative passando dal 30% a oltre il 60% del consumo interno, sollevando interrogativi sulla disponibilità di carbon fossile per l’UE in caso di embargo energetico sulla Russia.

La Russia ha svolto un ruolo importante nel colmare il divario tra il consumo di carbon fossile dell’UE e la sua produzione interna, con le con le esportazioni verso la Ue che sono passate da 8 milioni di tonnellate (7% delle importazioni totali dell’UE) nel 1990 a 43 milioni tonnellate (54%) nel 2020.

È importante distinguere tra carbone termico, noto anche come “carbone a vapore”, che viene utilizzato per generare elettricità, e carbone metallurgico utilizzato nella produzione di ferro e acciaio. Il carbone metallurgico russo rappresenta tra il 20 e il 30 per cento delle importazioni di carbone dell’UE, mentre quello di carbone termico è quasi del 70 per cento. La Germania e la Polonia dipendono in particolar modo dal carbone termico proveniente dalla Russia.

Fa quasi sorridere, se non fosse tragico, vedere i “lungimiranti” politici “NON ELETTI della UE” affannarsi per sostituire il gas con il carbone, dopo che per decenni ci hanno infranto le gonadi con i lagnosi piagnistei dei Gretini made in UE sui pestiferi effetti del carbone sul riscaldamento terrestre.

Diversificare e aumentare l’offerta di carbone dell’UE

Sebbene le importazioni russe costituiscano una quota significativa del carbone termico consumato nell’UE, ci sono segnali da parte dell’industria che tali importazioni potrebbero essere sostituite in tempi relativamente brevi. Bisognerà vedere però a che prezzo e a quali condizioni geopolitiche. Come sempre questo appare come una presa di posizione che tende a favorire alcuni produttori a scapito di altri. Bisognerebbe indagare sulla commistione tra esponenti dei vari governi e multinazionali dell’energia.

Dal punto di vista politico, si dovranno implementare forti campagne di propaganda per far digerire ai cittadini i maggiori oneri imposti dal nuovo assetto di forniture energetiche.

Inoltre, per consentire l’uso di tipi di carbone alternativamente disponibili, si dovrebbe valutare la possibilità di allentare alcune norme ambientali, un pò come accade per le regole di bilancio in area UE, che vengono “aggiustate” in base a convenienze politiche di Germania e Francia,

Ad esempio per il 2022 la US Energy Information Administration (EIA) ha previsto che la produzione di carbone degli Stati Uniti aumenterà di oltre il 4%, mentre il consumo interno è destinato a diminuire. L’EIA si aspetta che ciò sostenga le esportazioni, contribuendo al contempo a ricostituire le scorte di carbone nelle centrali elettriche.

Quindi questa rimodulazione dell’approvvigionamento di carbone porterà ad una minore offerta e ad una logistica più complessa. Aumenterà il costo delle importazioni di carbone e ciò potrebbe comportare delle temporanee interruzioni locali.

Tutto in linea con le direttive che piovono da Davos? Non sappiamo la risposta … ma la domanda sorge spontanea…

che fine ha fatto antonio lubrano? È pronto al ritorno in tv con le canzoni  napoletane - Dagospia
Antonio Lubrano giornalista

Conclusioni

Fermare le importazioni di gas russo sarà difficile e costoso per i cittadini, ma ancora peggio sarà per l’UE gestire una completa interruzione delle importazioni russe di petrolio e carbone. Un arresto europeo delle forniture russe di petrolio e carbone avrà un impatto doloroso con prezzi più alti, che cadranno soprattutto sulle piccole imprese italiane che rischieranno, così, di essere spazzate via dal mercato. Ma ancora una volta, visto che Mario Draghi auspica una “distruzione creativa” dell’economia con l’eliminazione delle piccole imprese a favore delle corporation, tutto questo potrebbe essere un effetto voluto?

CUI PRODEST?

Alcuni analisti auspicano un “Patto energetico transatlantico” tra l’Europa e gli Stati Uniti i per far fronte alle perdite delle importazioni russe. Ma, in ogni caso, uno stop alle importazioni di petrolio dalla Russia implicherà un aumento dei prezzi del petrolio per i cittadini dell’Europa. Teniamolo bene a mente!

Per quanto riguarda il carbone, il trasferimento dell’approvvigionamento delle forniture europee dalla Russia verso altri Paesi, porterà a prezzi globali del carbone più elevati, ancora una volta con significativi effetti sulle economie. Anche le questioni logistiche devono essere risolte. E’ di fondamentale importanza che l’Europa acquisti rapidamente più carbone e ricostituisca le sue scorte, in particolare, a causa del suo potenziale aumento di consumo nelle centrali elettriche.

Mentre l’Europa attraverserà un doloroso periodo, qualcuno si arricchirà a sue spese e se anche il clima ne verrà danneggiato vorrà dire che le “Grete” dovranno farsene una ragione. Affari e geopolitica hanno sempre la priorità!

Ma tutto questo è veramente voluto dai cittadini europei?

Uno scandalo assoluto

Oggi il prezzo dei future sul greggio WTI è sceso di quasi il 6% arrivando a circa $ 97 al barile, rompendo il livello di $ 100. Questo a seguito dei colloqui di cessate il fuoco in corso tra Russia e Ucraina e i timori di un rallentamento della domanda da parte della Cina a seguito di nuovi lockdown.

 Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che i negoziati con la Russia continueranno e che sta cercando di porre fine alla guerra “con una pace equa“.

 Nel frattempo la Cina sta affrontando una recrudescenza del Covid.

Il capo dell’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia) Fatih Birol ha esortato i paesi produttori di petrolio ad aumentare la produzione per stabilizzare i mercati.

La scorsa settimana il prezzo del petrolio aveva toccato un massimo da 14 anni, ben  $ 130,5 al barile, prima di invertire drasticamente la direzione ed arrivare ora sotto quota 100$, come vediamo dal grafico.

Prezzo del petrolio 15 marzo 2022

E nel frattempo il prezzo della benzina? Siamo oltre 2.2 euro litro, nell’ignavia di un governo inadatto a gestire i problemi e nemico degli interessi italiani!