COVID -19, AUMENTO DELLE MATERIE PRIME E GREAT RESET: I DATI LI CONOSCETE TUTTI, QUELLO CHE VI MANCA E’ UNA STORIA ….

La risposta coordinata a livello mondiale alla crisi pandemica da COVID -19 ha causato una serie di effetti che ancora oggi permangono….

In Oriente alla fine del 2019, e qui da noi all’inizio del 2020, è dilagato un virus le cui origini sono rimaste oscure …. Alcuni parlarono di incroci tra pipistrelli e pangolini, altri fanno riferimento agli esperimenti di Gain of function eseguiti presso il laboratorio di Wuhan, città epicentro della crisi.

Coronavirus, foto dalla città fantasma di Wuhan - Wired | Wired Italia
Wuhan

All’inizio dell’epidemia, da parte dei nostri politici e dei loro aedi del mainstream, si è cercato di minimizzare il rischio, invitando a mangiare involtini primavera e additando come fosse il razzismo l’unico virus da temere.

Poi di colpo la narrativa è cambiata: accorati e terrorizzanti interventi da parte di politici, giornalisti e influencers, conditi da immagini raccapriccianti di file di camion che trasportano bare, hanno terrorizzato l’opinione pubblica. Contemporaneamente il mainstream si affrettava ad informare che ne saremmo usciti solo con i vaccini e che NULLA SAREBBE STATO PIU’ COME PRIMA. Perché tutto questo allarme? E perché tutta la confusione sui morti da Covid o per COVID? E perché non poteva tornare tutto come prima?

Le bare sui camion militari, Bergamo sotto choc

L’Italia e il mondo civile avevano mai affrontato influenze prima d’ora? Certo che si! Un esempio per tutti, l’asiatica che però fu affrontata con ben altro spirito; oppure la ben più letale Spagnola. Eppure questa volta la risposta è stata diversa.

In Italia il governo Conte ha paralizzato il Paese ed ha sospeso i diritti costituzionali fondamentali a colpi di DCPM.

DPCM 3 dicembre 2020: nuove limitazioni agli spostamenti | Confcommercio  Trentino

Mentre accadeva tutto questo, e in aggiunta a questo, si preparavano le basi per fare entrare il “MES con il nome cambiato” e distruggere e depredare quello che restava della nostra economia.

Ovviamente questo compito non poteva essere lasciato ad un oscuro personaggio, sconosciuto agli italiani, divenuto misteriosamente capo del governo, occorreva una voce più altisonante e per questo fu dato l’incarico a Mario Draghi, l’uomo della grande finanza.

L'intervento di Mario Draghi sul “Financial Times”, in cinque punti –  Ultim'ora

Questi, innanzitutto, iniziò ammonendo sull’importanza della vaccinazione di massa, pena la morte dei no-vax e di tutti i malcapitati che l’avessero incontrati.

E per togliere qualunque dubbio sull’efficacia del siero magico, si è subito precipitato a togliere più diritti possibili a chiunque si fosse rifiutato di assoggettarsi “spontaneamente” ad esso.

Ovviamente il rimedio era talmente efficace e sicuro che i nostri governanti si sono affrettati a fornire uno “scudo penale” ai medici vaccinatori!

Ma a livello economico che cosa è successo? Un primo effetto è stato immediato: migliaia di piccole e medie aziende non hanno retto e sono state costrette alla chiusura. Chissà cosa avrà pensato il primo ministro Draghi di questo? Ricordo a tutti il suo auspicio per una distruzione creativa dell’economia con le piccole imprese che dovranno cedere il mercato alle multinazionali.

Forse per questo sono stati colpiti così pesantemente i bar e la ristorazione? Per far spazio alle multinazionali?

Ma questo è solo uno degli effetti, vediamo cos’altro hanno causato.

In primis, il forte aumento di tutte le materie prime.

Vediamolo in dettaglio…

I prezzi delle materie prime dipendono dalla domanda, dall’offerta e dalle scorte disponibili.

Le azioni intraprese dai governi hanno innescato queste dinamiche.

Le principali società produttive e commerciali di materie prime, viste le azioni governative, hanno rallentato la produzione, generando di fatto una diminuzione dell’offerta.

Dall’altra parte, alla riapertura post lock-down, la ripresa simultanea di molte economie mondiali ha portato ad un brusco aumento della domanda.

A tutto ciò dobbiamo aggiungere anche l’aumento dei costi per i trasporti.

Le imprese attualmente hanno due principali difficoltà: non riescono a mantenere i livelli di produzione per la scarsità di semilavorati e per i ritardi nelle consegne e vedono i margini a rischio a causa dell’aumento dei costi di noli, materie prime ed energia.

In questo contesto un ruolo chiave è svolto dalla Cina, fabbrica del mondo e fonte cruciale di domanda e offerta di materie prime. Questa ha colto al volo l’occasione per ridurre la produzione di metalli chiave come acciaio e alluminio, affiancando un incremento della domanda di cereali.

Nel contempo, si è innescato un secondo cortocircuito, quello logistico. I lockdown hanno generato interruzioni nei trasporti e ritardi nelle consegne, esacerbando ulteriormente la situazione. Ancora oggi abbiamo il porto di Shanghai bloccato da una misteriosa recrudescenza del virus …

E non possiamo fare a meno di citare, in questo contesto, lo strano caso della Ever Given, la nave che bloccò il Canale di Suez, di cui tratteremo approfonditamente in un articolo ad hoc.

Incidente di Suez: cosa accade ora nel trasporto?
Ever Given

Effetto di tutto ciò è lo stesso recupero dell’Europa a essere a rischio.

La presidente della Bce, Christine Lagarde, in una riunione di politica monetaria della banca centrale, ha sottolineato che la pandemia “continua a gettare un’ombra” sulla ripresa. Ha anche osservato che le strozzature nelle supply chain stanno frenando la produzione e che c’è “molta strada da fare prima che i danni all’economia causati dalla pandemia siano compensati“. Correggerei la Lagarde visto che i danni all’economia non li ha causati il virus, ma le politiche intraprese!

La stretta di Lagarde: “Su i tassi già nel 2022”. E i mercati scendono - la  Repubblica

E poi immancabile come in ogni disgrazia ci si mette l’Unione Europea … vediamo come…

COS’È IL SISTEMA PER LE QUOTE DI CO2 (ETS)

L’ETS, in breve, istituisce un mercato europeo per la compravendita di “quote di emissione” di CO2: ne vengono assegnate alle aziende, ogni anno, in una certa quantità che si riduce via via nel tempo. Le aziende più inquinanti dovranno quindi acquistare altri permessi se vorranno continuare a emettere CO2 senza incorrere in sanzioni; le aziende più “pulite”, al contrario, hanno la possibilità di vendere le proprie quote inutilizzate.

Il sistema EU ETS, ovvero: le vie dell'inferno sono lastricate di buone  intenzioni

L’intero sistema serve a rendere sconveniente l’utilizzo di energia prodotta da fonti fossili (carbone, petrolio, gas naturale) e incentivare il passaggio a forme di energia più pulite (come quelle rinnovabili).

Il prezzo della CO2 impatta prima di tutto sui soggetti obbligati, ovvero i produttori di energia elettrica da fonti fossili, le industrie pesanti e il settore aviazione. Questo, di fatto, ha diversi risvolti a valle della catena del valore.

Quali sono le conseguenze del prezzo della CO2 sul settore elettrico?

Per quanto riguarda il settore elettrico, il costo delle emissioni a carico del produttore va ad aggiungersi ai costi variabili della produzione, determinando una diminuzione del margine dell’attività a parità di prezzo di vendita dell’energia prodotta. Pertanto gli impianti maggiormente colpiti dall’aumento del prezzo della CO2 (ovvero le centrali a carbone o lignite, che a parità di output elettrico emettono maggiori quantità di CO2) perdono progressivamente competitività, venendo fortemente penalizzati in favore degli impianti meno emissivi (come le centrali a gas naturale) e delle rinnovabili.

Per poter mantenere un margine sufficiente per l’attività di produzione, i produttori soggetti all’ETS devono vendere la propria energia a un costo superiore e questo si riversa sul prezzo di mercato dell’energia elettrica. Infatti, nonostante la quota di rinnovabili nel mix energetico di tutti i Paesi europei sia in aumento, la produzione elettrica da fonti fossili è ancora piuttosto importante (in Italia, per esempio, circa il 40% dell’energia elettrica è prodotta da gas naturale). L’aumento del prezzo dell’energia elettrica sul mercato all’ingrosso, inoltre, si propaga a valle, nella catena del valore, impattando tutti i consumatori finali, sia domestici che industriali.

Nel 2020, in concomitanza con la revisione quinquennale degli obiettivi climatici stabiliti nell’ambito dell’Accordo di Parigi, l’Unione Europea ha presentato il cosiddetto “Green Deal” europeo, ovvero la strategia che si intende implementare per promuovere l’utilizzo razionale delle risorse, lo sviluppo di un’economia più sostenibile e la diminuzione delle emissioni di gas serra.

Tutto questo potrà portare ad un ulteriore aumento del costo della CO2

Non finisce qui, a tutto questo, sempre l’Unione Europea cogliendo l’opportunità della nuova crisi innescata dal conflitto Russo Ucraino (perché perdere l’opportunità offerta da una crisi?) ha stabilito una serie di sanzioni …. Contro i propri Paesi! Sanzioni che, visto il danno che possono apportare alla nostra economia, sono state subito entusiasticamente approvate dal nostro governo dei migliori … E a questo punto si aggancerebbe il piano del Great Reset….Stay tuned…..

E’ saggio per la Ue imporre limitazioni o blocchi alle importazioni di prodotti energetici dalla Russia?

Uno stop alle forniture russe di petrolio, gas e carbone spingerebbe la zona UE in un doloroso periodo di crisi economica per le difficoltà energetiche, che finiranno per scaricarsi sulla cittadinanza, già martoriata da due anni di folli interventi imposti con la pretesa di arginare l’epidemia COVID-19.

Stati Uniti, Canada e Regno Unito hanno annunciato embarghi o misure di eliminazione graduale dei prodotti energetici provenienti dalla Russia. Ma ricordiamo che questi Paesi hanno nei loro territori cospicue produzioni petrolifere.

L’Unione Europea invece si è mostrata titubante lanciando una nuova strategia energetica, REPowerEU.

La strategia mira a ridurre di quasi due terzi le importazioni di gas dell’UE dalla Russia entro la fine del 2022 e a rendere l’Europa indipendente da tutti i combustibili fossili russi entro il 2030.

Ammesso che la UE, nel suo insieme, possa affrontare il prossimo inverno senza gas russo, potremmo sostenere anche un’interruzione delle forniture di petrolio e carbone?

Alcuni operatori del mercato hanno già iniziato a limitare i loro acquisti di carbone e petrolio dalla Russia, altri hanno smesso di acquistare petrolio russo, mentre altri ancora acquistano solo con uno sconto sostanziale. L’Agenzia internazionale per l’energia suggerisce che 3 milioni di barili al giorno (mb / d) di petrolio greggio e prodotti petroliferi russi potrebbero non trovare allocazione nei mercati a partire da aprile 2022, a causa delle sanzioni.

Petrolio

La Russia è il più grande esportatore di petrolio al mondo, con circa l’8% dell’offerta mondiale, e l’UE il secondo importatore mondiale e il più grande acquirente di petrolio russo. Oltre il 70% delle esportazioni di prodotti petroliferi russi è andato ai mercati europei e statunitensi.

Secondo il Servizio Federale delle Dogane della Russia, nel 2021, quando i prezzi del petrolio erano in media $ 71 barile, le esportazioni di petrolio greggio e i prodotti petroliferi hanno rappresentato il 37% delle entrate russe da esportazioni, nel febbraio 2022, il prezzo del petrolio russo era in media di $ 92 barile. Possiamo immaginare l’effetto di questo dato sulle entrate russe!

Storicamente, l’infrastruttura petrolifera russa è stata costruita per servire i mercati europei, in particolare attraverso l’oleodotto Druzhba, che alimenta direttamente sei raffinerie nell’UE. Ma dal 2009 (quando è stata completata la prima fase dell’oleodotto ESPO-1), la Russia ha sviluppato rotte di esportazione verso i mercati asiatici e direttamente in Cina.

L’UE: il secondo importatore mondiale di petrolio

Nel 2020, secondo Eurostat, l’UE ha importato 9,3 mb / d di petrolio greggio e 5,6 mb / d di prodotti petroliferi raffinati. Circa 8 mb/g di prodotti importati o raffinati a livello nazionale vengono utilizzati per il trasporto (diesel, benzina, cherosene), circa 3,5 mb/d per il riscaldamento (gasolio, olio combustibile) e 2 mb/d come materia prima dell’industria chimica (nafta, GPL). Alcuni di questi combustibili vengono riesportati in mercati come gli Stati Uniti e la Svizzera.

Nel novembre 2021, la Russia rappresentava poco meno del 30% delle importazioni di petrolio greggio dell’UE e poco più del 15% dei prodotti petroliferi. In caso di interruzione delle forniture russe, l’UE sarebbe vulnerabile per carenza di diesel, nafta e olio combustibile.

Nel 2021, le importazioni totali di petrolio dell’UE ammontavano a 15 mb/g, di cui 3,5 mb/g provenivano dalla Russia, con un conseguente flusso di 88 miliardi di euro dall’UE e dal Regno Unito verso la Russia.

Approvvigionamento globale aggregato di petrolio

Se il commercio di petrolio UE-Russia si fermasse, circa 3 mb/g di offerta di greggio russo e circa 1 mb/g di prodotti petroliferi verrebbero messi offline, costituendo un grave shock dell’offerta globale, e non è chiaro se i fornitori sarebbero in grado o disposti a compensare il deficit, questo per motivi strutturali di domanda-offerta che analizzeremo in un successivo articolo.

Ricordiamo che i membri dell’OPEC hanno attualmente un accordo con la Russia, mentre i partner dell’Asia centrale, noti come OPEC +, hanno concordato di limitare la crescita dell’offerta a 0,4 mb / d al mese. Finché questi non aumenteranno la produzione, gli Stati Uniti e i loro alleati dovranno affrontare delle serie difficoltà ad esercitare una pressione politica sulla Russia.

In ogni caso, i membri dell’OPEC sembrano lottare per raggiungere i propri obiettivi di produzione. A dicembre 2021, la produzione è aumentata di 0,25 mb/g rispetto all’obiettivo di 0,4 mb/g. La situazione è recentemente peggiorata con la perdita di capacità di 0,3 mb / g da parte della Libia.

La produzione statunitense è scesa di circa 3 mb / g all’inizio della pandemia e ha gradualmente recuperato circa la metà di questo valore.

Infine, i membri dell’OCSE detengono riserve strategiche di petrolio per 1,5 miliardi di barili. Questa offerta potrebbe compensare le esportazioni russe a rischio per circa un anno. Pertanto, un embargo immediato sul petrolio russo può essere parzialmente mitigato attingendo lentamente alle scorte strategiche. All’interno dell’UE, la direttiva sulle scorte petrolifere (2009/119/CE) impone ai Paesi di mantenere scorte di emergenza di petrolio greggio e/o prodotti petroliferi pari ad almeno 90 giorni di importazioni nette o 61 giorni di consumo, a seconda di quale sia il più alto.

L’Europa può sostituire le importazioni di petrolio dalla Russia?

Il fatto che gran parte delle importazioni di petrolio greggio in Europa avvenga via nave piuttosto che tramite oleodotto significa che, in linea di principio, sostituire il petrolio russo sarà più facile che sostituire il gas russo. Tuttavia, dovrebbero essere considerati alcuni problemi fondamentali.

Prima di tutto le infrastrutture petrolifere intraeuropee: se le forniture di petrolio russo si fermano, sarà difficile reindirizzare il petrolio greggio e i prodotti petroliferi all’interno dell’UE. L’infrastruttura è progettata per flussi da est a ovest e lo spostamento di petrolio greggio e prodotti verso est potrebbe comportare movimenti anomali di greggio, anche se tramite ferrovia, camion e chiatta fluviale.

Poi abbiamo il problema delle raffinerie, alcune di queste sono ottimizzate per utilizzare petrolio russo e saranno meno efficienti se lavoreranno con una diversa qualità di greggio. Il greggio iracheno e iraniano si avvicina di più al greggio russo. Particolarmente vulnerabili sono sei grandi raffinerie lungo il gasdotto Druzhba (in Polonia, Germania, Cechia, Austria, Ungheria e Slovacchia). Nel 2019, queste raffinerie sono state sottoposte a uno stress test in quanto i flussi sono stati interrotti a causa della contaminazione del petrolio. Hanno superato il test utilizzando riserve strategiche di greggio immagazzinato in loco. Ma queste interruzioni sono durate solo due mesi. Se non è possibile alimentare queste raffinerie, la riduzione dovrà essere assorbita in raffinerie alternative, per soddisfare la domanda del prodotto finale. Mentre le raffinerie portuali sono ancora vulnerabili a un calo da parte di un fornitore così grande, in genere sono in una posizione migliore per accettare consegne da nuovi fornitori.

Ancora, sostituzione dei prodotti raffinati russi. Oltre all’approvvigionamento di petrolio greggio, l’UE deve anche prendere in considerazione la sostituzione dei prodotti raffinati, quali diesel, nafta e olio combustibile. Le raffinerie europee potrebbero cercare di compensare questo problema aumentando la loro produttività. Per sostituire la perdita di approvvigionamento di diesel russo, ad esempio, le raffinerie europee dovrebbero aumentare l’impegno degli impianti di circa 10 punti percentuali, portandolo a quasi al 90% della capacità totale, pari a 15-16 mb / g. Sarebbe il più alto tasso di utilizzo di questo secolo.

Riduzione della domanda di petrolio

Poiché sarà difficile per l’Europa sostituire completamente, e in modo tempestivo, il petrolio greggio e i prodotti petroliferi russi, i governi dovranno incoraggiare la riduzione della domanda, e mi chiedo se questo non sia voluto da tempo. Viene subito in mente tutta la narrazione sul Great Reset e i paventati disastri ambientali incombenti, ma anche di questo ne parleremo in un altro articolo.

La UE potrebbe attuare rapidamente piani coordinati per ridurre la domanda, ad esempio aumentando il costo dell’energia per i cittadini (tanto paghiamo sempre noi cittadini) oppure attuando dei razionamenti (tanto al buio ci restiamo noi cittadini). Ancora una volta, come non pensare ad una strategia di attuazione del Great Reset?

Alcune misure sono già state suggerite per limitare la domanda di petrolio, soprattutto nel settore dei trasporti. Le misure che dovrebbero essere prese in considerazione includono l’incoraggiamento al trasporto pubblico, attraverso, ad esempio, il servizio gratuito nei fine settimana. Peccato che la popolazione sia sottoposta a ricatto del famigerato “Green Pass” per poter usufruire dei mezzi pubblici!

Inoltre si vorrebbero promuovere campagne per incoraggiare il car sharing. Come si suggerisce dalle parti di Davos? “Non avrai più nulla e sarai felice”.

Non avrai nulla e sarai felice - Inchiostronero

Nel caso in cui le misure falliscano, potrebbero essere necessarie soluzioni più severe, come restrizioni sull’acquisto di carburanti. In fondo il “Green Pass” potrebbe servire anche a questo, altrimenti perché chiamarlo Green?

Carbone

A livello globale, i principali esportatori di carbone sono Indonesia, Australia, Russia, Colombia, Sud Africa e Stati Uniti. Dal lato della domanda, la Cina è di gran lunga il principale importatore, seguita da India, Giappone, Europa e altri paesi dell’area Asia-Pacifico.

Con i prezzi del gas in una spirale inflazionistica, anche il prezzo del carbone è aumentato, quadruplicando in un anno. Il carbone e il gas sono concorrenti nel mercato dell’elettricità in quanto entrambi colmano quello che è noto come il “divario termico”.

Il mercato dell’UE

L’UE ha gradualmente ridotto il consumo di combustibili fossili solidi, passando da 1.200 a 427 milioni di tonnellate (MT) nell’arco di tre decenni (1990-2020). Il processo di riduzione, però, ha riguardato principalmente la quota di produzione interna, di conseguenza, le importazioni sono diventate più significative passando dal 30% a oltre il 60% del consumo interno, sollevando interrogativi sulla disponibilità di carbon fossile per l’UE in caso di embargo energetico sulla Russia.

La Russia ha svolto un ruolo importante nel colmare il divario tra il consumo di carbon fossile dell’UE e la sua produzione interna, con le con le esportazioni verso la Ue che sono passate da 8 milioni di tonnellate (7% delle importazioni totali dell’UE) nel 1990 a 43 milioni tonnellate (54%) nel 2020.

È importante distinguere tra carbone termico, noto anche come “carbone a vapore”, che viene utilizzato per generare elettricità, e carbone metallurgico utilizzato nella produzione di ferro e acciaio. Il carbone metallurgico russo rappresenta tra il 20 e il 30 per cento delle importazioni di carbone dell’UE, mentre quello di carbone termico è quasi del 70 per cento. La Germania e la Polonia dipendono in particolar modo dal carbone termico proveniente dalla Russia.

Fa quasi sorridere, se non fosse tragico, vedere i “lungimiranti” politici “NON ELETTI della UE” affannarsi per sostituire il gas con il carbone, dopo che per decenni ci hanno infranto le gonadi con i lagnosi piagnistei dei Gretini made in UE sui pestiferi effetti del carbone sul riscaldamento terrestre.

Diversificare e aumentare l’offerta di carbone dell’UE

Sebbene le importazioni russe costituiscano una quota significativa del carbone termico consumato nell’UE, ci sono segnali da parte dell’industria che tali importazioni potrebbero essere sostituite in tempi relativamente brevi. Bisognerà vedere però a che prezzo e a quali condizioni geopolitiche. Come sempre questo appare come una presa di posizione che tende a favorire alcuni produttori a scapito di altri. Bisognerebbe indagare sulla commistione tra esponenti dei vari governi e multinazionali dell’energia.

Dal punto di vista politico, si dovranno implementare forti campagne di propaganda per far digerire ai cittadini i maggiori oneri imposti dal nuovo assetto di forniture energetiche.

Inoltre, per consentire l’uso di tipi di carbone alternativamente disponibili, si dovrebbe valutare la possibilità di allentare alcune norme ambientali, un pò come accade per le regole di bilancio in area UE, che vengono “aggiustate” in base a convenienze politiche di Germania e Francia,

Ad esempio per il 2022 la US Energy Information Administration (EIA) ha previsto che la produzione di carbone degli Stati Uniti aumenterà di oltre il 4%, mentre il consumo interno è destinato a diminuire. L’EIA si aspetta che ciò sostenga le esportazioni, contribuendo al contempo a ricostituire le scorte di carbone nelle centrali elettriche.

Quindi questa rimodulazione dell’approvvigionamento di carbone porterà ad una minore offerta e ad una logistica più complessa. Aumenterà il costo delle importazioni di carbone e ciò potrebbe comportare delle temporanee interruzioni locali.

Tutto in linea con le direttive che piovono da Davos? Non sappiamo la risposta … ma la domanda sorge spontanea…

che fine ha fatto antonio lubrano? È pronto al ritorno in tv con le canzoni  napoletane - Dagospia
Antonio Lubrano giornalista

Conclusioni

Fermare le importazioni di gas russo sarà difficile e costoso per i cittadini, ma ancora peggio sarà per l’UE gestire una completa interruzione delle importazioni russe di petrolio e carbone. Un arresto europeo delle forniture russe di petrolio e carbone avrà un impatto doloroso con prezzi più alti, che cadranno soprattutto sulle piccole imprese italiane che rischieranno, così, di essere spazzate via dal mercato. Ma ancora una volta, visto che Mario Draghi auspica una “distruzione creativa” dell’economia con l’eliminazione delle piccole imprese a favore delle corporation, tutto questo potrebbe essere un effetto voluto?

CUI PRODEST?

Alcuni analisti auspicano un “Patto energetico transatlantico” tra l’Europa e gli Stati Uniti i per far fronte alle perdite delle importazioni russe. Ma, in ogni caso, uno stop alle importazioni di petrolio dalla Russia implicherà un aumento dei prezzi del petrolio per i cittadini dell’Europa. Teniamolo bene a mente!

Per quanto riguarda il carbone, il trasferimento dell’approvvigionamento delle forniture europee dalla Russia verso altri Paesi, porterà a prezzi globali del carbone più elevati, ancora una volta con significativi effetti sulle economie. Anche le questioni logistiche devono essere risolte. E’ di fondamentale importanza che l’Europa acquisti rapidamente più carbone e ricostituisca le sue scorte, in particolare, a causa del suo potenziale aumento di consumo nelle centrali elettriche.

Mentre l’Europa attraverserà un doloroso periodo, qualcuno si arricchirà a sue spese e se anche il clima ne verrà danneggiato vorrà dire che le “Grete” dovranno farsene una ragione. Affari e geopolitica hanno sempre la priorità!

Ma tutto questo è veramente voluto dai cittadini europei?